Biometano, la sfida dell’economia circolare.
Il Biometano è una delle componenti più importanti della cosiddetta green economy, un panorama di 385.000 imprese in grado di creare nuova occupazione come nessun altro settore industriale, con una stima di 190.000 entro il 2030, al netto dell’attuale sistema.
Per la realizzazione piena della green economy si tratta di favorire l’economia circolare che mette la parola fine agli sprechi perché come dice il chimico francese del XVIII secolo Antoine Lavoisier “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Tutto parte dal ciclo integrato di gestione dei rifiuti, con la Commissione Europea che ha di recente innalzato gli obiettivi di riciclo complessivo al 2030 dal 65% al 75%.
In questo contesto il biometano avrà in futuro un ruolo sempre più importante in termini di sostenibilità: da un lato può ridurre le emissioni di gas climalteranti (circa il 12% a livello globale), dall’altro può diventare energia rinnovabile (elettricità e calore) e biocarburante avanzato.
Già oggi i biocarburanti, tra cui il biometano, costituiscono la tipologia principale di combustibile alternativo in Europa, con una quota del 4,7% del totale dei carburanti consumati nel settore dei trasporti. Hanno la peculiarità di poter essere miscelati ai carburanti tradizionali riducendo le emissioni e non necessitano di veicoli o di infrastrutture di distribuzione dedicate.
Bioetanolo (miscelato alla benzina), biodiesel (miscelato al gasolio) e biometano (miscelato al gas naturale compresso), sono ricavati da biomasse e, soprattutto gli ultimi due, potrebbero essere uno strumento utile per raggiungere l’obiettivo europeo di arrivare nel 2020 al 10% del consumo complessivo da fonti rinnovabili per il settore trasporti. Tutto ciò in attesa del decreto ministeriale per incentivare l’uso del biometano, prevalentemente nei trasporti, per sviluppare una filiera in grado di arrivare a produrre una quantità di 5,5 miliardi di metri cubi nel 2025 e nel 2030 fino a 8 miliardi di metri cubi.