Il dipartimento di ingegneria industriale de L’Aquila è un’eccellenza europea nello studio sulla produzione di Biometano.
L’Aquila (Rocco Bellantone da www.lanuovaecologia.it) – Sono numerosi e persino sorprendenti i vantaggi che il biometano, prodotto dagli impianti che riciclano scarti agricoli e rifiuti organici, potrebbe offrire se innestato a pieno regime nei meccanismi che muovono l’economia circolare. Una delle frontiere avanzate della ricerca in questo settore ha come protagonista Francesco Vegliò (nella foto), professore del dipartimento di Ingegneria industriale e dell’informazione e di economia dell’università dell’Aquila. Nelle ricerche Vegliò e il suo staff stanno puntando su una strategia ben precisa, che può essere sintetizzata nella formula “integrazione di processo”, vale a dire processi produttivi sviluppati attraverso sinergie fra tecnologie che potrebbero sembrare distanti da loro. Muovendosi in questa direzione, l’ateneo abruzzese si è specializzato principalmente nella produzione di zeoliti per effettuare la separazione della CO2 da biogas e nel recupero mediante gli acidi organici, generati nel processo di “digestione”, di metalli preziosi e terre rare da pile esauste e Raee, di rifiuti industriali e dell’automotive. Mentre per lo smaltimento di digestati e deiezioni provenienti dagli allevamenti zootecnici l’università ha attivato lo spin off Smart waste engineering, che ha già depositato un brevetto in materia.
“In Italia – afferma Vegliò – sono ancora molto radicati quei processi produttivi che puntano sull’uso di sostanze chimiche convenzionali, che per loro natura hanno una accentuata impronta carbonica impattando in modo significativo sull’ambiente. La produzione di biometano, derivata dalla separazione del metano dal biogas, porta invece a recuperi e riusi di sostanze che una volta rigenerate trovano numerose applicazioni. Si tratta di un processo nettamente più sostenibile, che anche nel nostro Paese si sta consolidando per le ricadute scientifiche e tecnologiche che produce”.
Un campo in cui il biometano sta iniziando a fare la differenza, come detto, è quello dell’agroindustria. I suoi margini di profitto maggiori si potrebbero registrare soprattutto nelle regioni del Centro e Sud Italia, dove lo sviluppo agricolo è tale da consentire una “gestione locale” delle materie prime destinate alla produzione di biogas. «Gestione locale – prosegue il professor Vegliò – significa “produzione sostenibile”, ossia derivata dall’utilizzo di risorse energetiche ricavate da rifiuti mediante “filiera corta”. Il settore è in forte crescita, la realizzazione di impianti è in aumento e i vantaggi ambientali, energetici ed economici sono in perfetta sinergia».
L’anidride carbonica ottenuta dalla purificazione del biogas è l’elemento che si sta mostrando adattabile a più usi. Può essere utilizzata per neutralizzare correnti di natura basica contenute in reflui industriali, eliminando l’uso di acidi minerali il cui impatto sull’ambiente è significativo. Può risolvere il problema dello spandimento dei digestati negli impianti zootecnici riducendo il loro contenuto di azoto. Può partecipare alla produzione di metano sintetico, uguale in tutto a quello naturale e dunque con caratteristiche idonee ad essere immesso in rete. Può essere utilizzata allo stato supercritico, garantendo l’assenza di sostanze residue potenzialmente nocive nei prodotti alimentari, farmaceutici, nutraceutici e cosmetici.
“L’innovazione che lanciamo – prosegue Vegliò – è costituita dal tentativo di far funzionare in maniera integrata processi apparentemente non comunicanti fra loro sia sul piano delle conoscenze che dei settori di interesse. La sfida è far interagire i differenti campi di ricerca utilizzando gli strumenti tipici dell’ingegneria di processo. Il nostro lavoro è solo all’inizio ma i primi risultati che abbiamo ottenuto, anche attraverso partnership importanti come quella con il Politecnico di Milano e altre realtà di ricerca e imprenditoriali a livello nazionale ed europeo, ci dicono che la strada che abbiamo intrapreso porterà a evidenti vantaggi ambientali, sociali ed economici”.
Guardando all’Europa, esclusa la Germania che nella produzione di biogas e biometano gioca una partita a sé, sia dal punto di vista normativo che tecnologico, l’Italia è uno dei Paesi che hanno segnato i maggiori sviluppi negli ultimi anni. Le opportunità che offre l’Ue a chi intende investire in questo ambito, ad esempio con il programma quadro Horizon 2020, non mancano.
“L’Europa crede nel biometano – conclude Vegliò – bisogna però saper sfruttare le occasioni date e i finanziamenti elargiti. Va detto che in molti casi siamo stati noi italiani a essere stati propositivi nei confronti dell’Ue. Nella ricerca di nuove applicazioni il nostro Paese può rivestire un ruolo da assoluto protagonista”.